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“L’Abitare è il centro dei desideri!”

Intervista a Letizia Ortolani, coordinatore delle Residenze per persone con disabilità di Fraternità e Amicizia

(a cura della Redazione, pubblicata su I Sogni di Cristallo, n° 43 a pag. 5)

Dici Letizia Ortolani e pensi ad una vita intensa spesa a servizio degli altri.
Sempre giovane (come ben si conviene al gentil sesso), con tanti anni di lavoro alle spalle, ininterrottamente investiti per il mondo della disabilità. All’inizio, una pratica di 7-8 anni nei centri diurni poi, all’interno di Anffas, il passaggio alla residenzialità. Allora, nel bel mezzo degli anni ’90, si chiamavano “comunità alloggio”, e di strada, dentro ma soprattutto fuori da Fraternità e Amicizia (in materia, e non per vantarci, siamo stati dei pionieri) se ne sarebbe fatta tanta, grazie a Dio. Sempre all’interno di Anffas, Letizia diviene coordinatore RSD (Residenze Sanitarie per Disabili) prima e Centro Pronto Intervento (quello dei casi d’emergenza) poi. L’esperienza maturata in questi ambiti la porta ad occuparsi di formazione professionale, segnatamente di inserimento lavorativo protetto. Gli ultimi anni spesi sono nel consultorio familiare, e nel servizio di riabilitazione sanitaria, con una pur breve ma significativa esperienza nel settore dei detenuti disabili.
L’approdo a tempo pieno nella nostra cooperativa è di un paio di anni fa, seppure Letizia sia socia e nostra dall’inizio; attualmente coordina le nostre quattro comunità residenziali. Ed è in questo ruolo che le abbiamo chiesto la possibilità di una breve intervista.

 Lavorare nella residenzialità: un lavoro o una missione?

Innanzitutto un’esperienza impagabile. Faticosa, che non dà tanti momenti di tregua, ma che permette di considerare le persone fragili innanzitutto come persone, a tutto tondo; individui inseriti in un contesto che dà la possibilità di crescere e stare bene.

Milano ha sempre costituito un avamposto avanzato, moderno ed innovativo, con una rete di servizi di eccellenza, rispetto al resto d’Italia…

La città ed i servizi di Milano sono sempre stati all’avanguardia; sull’abitare, probabilmente c’è stata un’eccessiva istituzionalizzazione: all’inizio le comunità apparivano più simili agli istituti che ad una vera e propria residenzialità. Si è fatto spazio col tempo una cultura dell’inclusione, che ha portato alla recente legge 112/2016, quella conosciuta come “del dopo di noi”.  Un vero e proprio cambiamento di prospettiva, a partire dal suo principale enunciato: “Ogni persona ha diritto di costruirsi un progetto di casa e di abitare a propria misura”.

Com’è cambiato il concetto di abitare nel corso di questi ultimi vent’anni?

Ci sono grandi passi avanti, ma molto resta da fare. Ad esempio nei rapporti con l’Ente pubblico. Famiglie ed enti gestori devono imparare a meglio condividere i progetti, e non percepirlo come un ostacolo alla sua realizzazione. Occorre tutti insieme, ciascuno secondo le proprie competenze, meglio calarsi nella realtà, evidenziare insieme gli ostacoli e provare a superarli con soluzioni condivise. La legge112/2016, che è ancora una sfida aperta, ha portato notevoli benefici economici, che devono essere usati bene.

Di questo, della costruzione di nuovi servizi, delle possibilità di mettere a profitto le competenze acquisite, abbiamo avuto modo di parlarne pubblicamente il 1 dicembre 2018, all’interno della Settimana della Disabilità, in un momento di confronto sull’abitare.

Quanto è stata sdoganata l’idea dell’abitare assieme delle persone con fragilità?

Si parla tanto di anziani, di tossicodipendenza, di salute mentale… Noi (e con “noi” intendo il mondo della disabilità) siamo ancora rappresentati come una nicchia, di certo non possiamo dire che il processo di sdoganamento sia stato completato. Dobbiamo crescere, affermarci, contaminare il territorio, così che la società civile, la gente comune riconosca e comprenda che abbiamo la possibilità di diventare una risorsa. A noi stessi e per tutti.

Ed approfitto dell’ospitalità del nostro giornale per lanciare un appello: la residenzialità (o per meglio dire, le residenzialità) di Fraternità e Amicizia sta crescendo. Anche in termini di liste d’attesa. Avremmo già i numeri per aprire una nuova casa, ma non riusciamo a trovarla. Che significa: quando le persone con disponibilità di appartamenti vengono a conoscenza della destinazione ai futuri inquilini disabili, si tirano indietro. È una situazione che mi ferisce, anche perché la cooperativa offre ampie garanzie di copertura economica. Noi non chiediamo di essere aiutati, cerchiamo semplicemente una casa in affitto. Fate girare voce, grazie!

Quali sono le prospettive, come vedi il futuro prossimo dell’abitare-assieme?

Le prospettive sono quelle di volere e potere dare alle persone con disabilità il progetto di vita che si avvicini il più possibile al loro desiderio. Ognuno ha diritto al proprio sogno, l’abitare è un po’ il centro dei desideri. I servizi di residenzialità vanno consolidati ed ampliati (osando anche qualche sperimentazione) con il contributo ed il supporto delle famiglie che ci conoscono si fidano del contesto di autonomia protetta che noi proponiamo.

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