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L’uomo che non c’è

cabine telefoniche in via Washington

Uno sguardo della Redazione appena fuori dal cancello

Due cabine telefoniche… c’è qualcosa di più estraneo al nostro tempo, dove il ritmo dei cellulari condiziona esageratamente le nostre giornate?
Due cabine telefoniche in una lussuosa zona della nostra bella città sono… “obsolete”: cioè, per capirci… sono vecchie, superate, in disuso, da rottamare… a cosa diavolo potranno ancora servire?
Ci avviciniamo a curiosare: una ha le porte divelte, non crediamo che il telefono dentro funzioni ancora.
L’altra sembra come impacchettata: dei nastri di tessuto liso ne impediscono l’entrata, una specie di primitiva serratura ne protegge il contenuto, niente affatto “telefonico”: si intravedono coperte e materassi, in un degrado irreale per la lussuosa via della nostra città.
Proviamo a immaginare l’uomo che ha eletto questa cabina a sua dimora: sporco, malandato, ma soprattutto, SOLO.
Perché non possedere niente è brutto, ma non avere nessuno è tragico.
E allora… che prezzo ha la dignità di un uomo? Questo uomo che non c’è, che non vedremo mai?
Così lontano, o forse no…
Che definizione dare alla parola “progresso”, alla luce di tanta miseria?
E soprattutto, noi dove stiamo andando?
Occorre un po’ di coraggio per guardare e mettere a fuoco, eppure nulla ci vuole per fare finta di distrarsi delle ingiustizie di questo mondo.
Impotenti ci domandiamo, prima di dividere fino a domani le nostre strade ed i nostri pensieri (ciascuno riprenderà la sua, di strada, ciascuno tornerà ai propri problemi): saremo tanto migliori di lui?

 

 

 

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