Mercoledì 29 aprile 2020

“… I giovani dovrebbero imparare che la felicità non cresce su se stessa. Non cresce insomma sulla felicità. Che essa è, prima di tutto, un rapporto. E contempla in sè ed accetta il suo rovescio, cioè il dolore. Lo contempla ed accetta talmente da rendere felice anche la fatica”.

Ho conosciuto solo di sfuggita Giovanni Testori. Da giovane studente pendolare, lo vedevo spesso salire a Novate (sede allora della sua abitazione ed oggi della Fondazione che porta il suo nome e della quale avete indicazioni poco sotto) per raggiungere il suo studio di Milano, immagino in zona Brera. Credo di averlo anche salutato qualche volta, come si salutano le persone che in qualche modo diventano appartenenti alla tua cerchia (mi sarebbe capitato, una ventina di anni dopo, con Candido Cannavò. Tutti i mercoledì sera, alla fermata di De Angeli; lui di rientro dalla Gazzetta, di cui era direttore, io sempre di corsa verso casa dopo il consueto turno fino all’ora di cena nella nostra Casa Famiglia).
Ma per tornare a Testori, credo che neppure lui si sarebbe immaginato che le sue parole (tratte dal libro “La maestà della vita”, raccolta dei suoi scritti apparsi sulle pagine del Corriere della Sera) sarebbero potute tornare di dirompente attualità. E non solo per i giovani…  Un insegnamento che di questi tempi (ed immagino anche per i prossimi a venire) dovremo tenere presente. Come canta anche Lucio Dalla in “Henna” che trovate negli amici link “… sarà l’amore ed il dolore che ci salverà“. Oggi come ieri. Come sempre…

di Giancarlo Volonté

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